Le
polizze vita: pignorabilità e successioni, sfatiamo un mito
Spesso gli assicuratori propongono di investire in polizze vita per tutelare e gestire meglio il proprio patrimonio. Secondo quanto pubblicizzato dalle varie compagnie assicurative, o dalle banche che ugualmente commercializzano queste polizze, investendo un capitale in polizze vita si avrebbe un duplice vantaggio, quello dell'impignorabilità e quello di potere designare un beneficiario in caso di morte, e quindi bypassare in qualche modo le regole della successione legittima.
È tutto vero? Come sempre non è tutto oro quel che luce. Ma procediamo con ordine.
Prima di tutto chiariamo che cos'è una polizza vita, è un contratto di assicurazione con cui l'assicurato paga un premio unico o rateizzato (ad esempio mensile o annuale) e poi alla scadenza il beneficiario indicato riscuote il capitale, generalmente maggiorato di interessi (ora fissi, ora variabili, in base al tipo di prodotto che abbiamo sottoscritto - attenzione che ci sono anche polizze vita che non garantiscono neppure il capitale, in quanto basate almeno in parte su mercati finanziari di tipo azionario).
Normalmente in caso vita (ossia se siamo ancora vivi) il beneficiario siamo noi, mentre in caso morte la somma viene riscossa dal beneficiario indicato e solo se non indicato nulla dagli eredi legittimi e legittimari.
A volte può essere previsto, con un premio maggiorato, che in caso di morte il capitale versato al beneficiario sia maggiore rispetto al capitale iniziale maggiorato degli interessi (questa soluzione ad esempio è utile quando si voglia tutelare la propria famiglia).
Spesso, soprattutto per le polizze a premio unico, è previsto un premio di ingresso, ossia un importo da pagare al momento della sottoscrizione della polizza, generalmente una piccola percentuale dell'ammontare sottoscritto.
Grosso modo è questo il funzionamento delle polizze vita, relativamente semplice da spiegare, un po' più complesso nella pratica, perché ci sono ormai prodotti molto articolati con rendimenti variabili in base alla tipologia di investimento finanziario a cui le polizze sono legate (pertanto con rischi e rendimenti differenti).
Non mi soffermo tuttavia sulle caratteristiche finanziarie delle polizze, ma piuttosto sulla sicurezza che molti credono che la polizza vita abbia rispetto ad altre tipologie di investimento.
La prima generalmente è l'impignorabilità, prevista normativamente dall'articolo 1923 del Codice Civile. Questo aspetto viene spesso enfatizzato dalle compagnie assicurative a livello commerciale. Tuttavia, come sempre, la realtà è un po' meno romantica, e molto più concreta. Del resto è anche comprensibile: il Codice Civile, che risale al 1942, si riferisce alle polizze vita principalmente come strumento previdenziale, mentre oggi è diventato uno strumento finanziario al pari di titoli di Stato, obbligazioni e simili.
Pertanto la giurisprudenza, ormai da molti anni, si è quindi adeguata al nuovo contesto economico ed al mutato ruolo finanziario via via assunto dalle polizze vita, statuendo in diversi casi la possibilità di sequestro conservativo.
Naturalmente va considerato caso per caso, in linea di massima si può dire che più la polizza vita ha le caratteristiche di un prodotto finanziario (basti pensare alle polizze indicizzate sui mercati azionari che non garantiscono neppure il capitale), più si allontana dallo strumento previdenziale considerato dal Codice Civile e per cui il citato articolo 1923 ne statuisce l'impignorabilità.
La polizza vita, diventata di fatto un vero e proprio prodotto finanziario, viene pertanto trattata come tale e questo principio, ormai consolidato in giurisprudenza, è stato affermato addirittura dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha affermato espressamente che "le somme derivanti dal riscatto di una polizza assicurativa sulla vita sono assoggettabili a sequestro conservativo se, avuto riguardo alle concrete pattuizioni contrattuali, alla stessa debbano riconoscersi natura e finalità non previdenziali, ma di strumento finanziario" (Cass. SS.UU. civ. 31 marzo 2008, n. 8271).
Sempre la Cassazione, con sentenza 11945/2017, ha considerato legittimo il sequestro per equivalente in sede penale, qualora il beneficiario sia un terzo, ossia in poche parole quando Tizio sottoscrive una polizza vita il cui beneficiario è Caio, che riscuoterà l'importo.
Non tanto diversa è la questione sulla quota di legittima in caso di successione mortis causa.
Due parole sulla legittima. Il Codice Civile prevede che alcune persone individuate, di norma il coniuge, i figli oppure gli ascendenti (i genitori) in caso di mancanza di figli, abbiano dei diritti successori minimi a prescindere dalla volontà del de cuius (la persona deceduta).
Questo significa che noi possiamo disporre con testamento solamente di una parte del nostro patrimonio (la cosiddetta quota disponibile), mentre la restante parte (la cosiddetta quota indisponibile) spetta ex lege alle persone individuate dal legislatore.
Certo, sarebbe auspicabile una riflessione da parte del legislatore su questo punto, perché dovrebbe essere considerato che nelle famiglie, a volte, si consumano perfino le violenze peggiori. Non sempre tutto viene denunciato, ed anche se sicuramente ingiusto ad oggi non è generalmente possibile escludere il genitore che si sia reso responsabile di taluni maltrattamenti, né il marito violento tante volte mai denunciato.
Ecco allora che molte persone cercano di bypassare in qualche modo questi limiti individuando soluzioni che ritengono essere in grado di tutelarli maggiormente o di avvicinarsi maggiormente a quell'inalienabile senso di giustizia che ognuno di noi porta dentro di se'. E qui poi entrano in gioco i furbetti, o meglio gli opportunisti senza scrupoli, che cercando di vendere il loro prodotto. In questo caso la polizza vita, che si promette essere in grado di risolvere tutti i problemi, indicando liberamente il beneficiario caso morte.
E così in buona fede una persona sposta il suo denaro dalla banca in una o più polizze vita, pensando finalmente di avere trovato la soluzione giusta. Una bella polizza con beneficiario caso vita il sottoscrittore, caso morte la persona designata. Sembrerebbe tutto a posto.
Purtroppo aihmé non è proprio così. In gergo giuridico si parla di donazioni indirette. Le donazioni indirette, in burocratese, sono sostanzialmente atti che producono gli stessi effetti economici propri delle donazioni, pur senza essere donazioni in senso stretto, giuridicamente parlando.
Se Tizio stipula una polizza vita indicando beneficiario caso morte Caio, quando Caio riscuote la somma è come che abbia ricevuto una donazione da Tizio, anche se a mezzo di una polizza vita. Ecco quindi realizzata una donazione indiretta.
Ed una donazione indiretta, in caso di successione, viene considerata come una comunissima donazione. Ossia come se Tizio, in vita, avesse fatto una donazione a Caio di quell'importo. Allora cosa succede? Succede che le donazioni, essendo atti a titolo gratuito, hanno qualche tutela in meno da parte del legislatore ed in caso di successione è prevista una particolare azione, chiamata tecnicamente azione di riduzione, disciplinata dall'articolo 555 del Codice Civile, con cui in buona sostanza il beneficario della donazione deve restituire gli importi ricevuti da donazioni che hanno superato la quota disponibile del de cuius.
Da spiegare a parole è un po' complicato, un esempio chiarirà meglio le cose.
Supponiamo che Tizio sia coniugato con Caia, dalla quale si è separato, senza che ci sia stato nessun addebito di colpa, e quindi con gli stessi diritti successori del coniuge non separato ex art. 548 c.c.. Per semplificare le cose, ipotizziamo che Tizio non abbia più i genitori e non abbia neppure figli. In questo caso la quota di legittima a favore di Caia sarebbe della metà del patrimonio di Tizio. In poche parole, metà del patrimonio di Tizio spetta incondizionatamente a Caia, a prescindere dalla volontà di Tizio.
L'altra metà invece è la quota disponibile, e Tizio potrà lasciarla a chi vuole. Poniamo che il patrimonio di Tizio al momento del decesso fosse di 200.000 Euro. Ne consegue che 100.000 spettano a Caia a titolo di legittima.
Ora supponiamo che Tizio prima di morire avesse una relazione con un'altra donna e per lasciare il meno possibile a Caia avesse stipulato una polizza vita di 180.000 Euro designando come benficiaria la sua nuova compagna. Apparentemente, lei alla morte di Tizio incasserebbe i 180.000 Euro, mentre dei 20.000 Euro "ufficialmente" rimasti 10.000 andrebbero a Caia come quota legittima, gli altri 10.000 agli eredi designati da Tizio, presumibilmente sempre la sua ultima compagna.
Tuttavia se Caia va da un avvocato, avrà conferma che potrà richiedere alla compagna di Tizio la riduzione della donazione indiretta ricevuta tramite la polizza vita, in quanto eccedente la quota disponibile di Tizio. Tizio poteva infatti disporre di 100.000 Euro, quindi la donazione indiretta di 180.000 che ha ricevuto la nuova compagna dovrà essere parzialmente restituita, per la parte eccedente la legittima.
Alla fine a Caia tra successione ed azione di riduzione devono arrivare sempre i 100.000 Euro spettanti.
Chiaramente nella pratica le questioni sono sempre un po' più complesse, ma il concetto di base, in estrema sintesi, è questo.
In conclusione, a differenza di quanto affermano gli assicuratori, i broker e gli altri venditori a vario titolo di polizze vita, esse sono di fatto generalmente sequestrabili (per lo meno in moltissimi casi) e fanno parte del patrimonio considerato ai fini della quota di legittima in caso di successione.
Rimangono tuttavia alcuni vantaggi delle polizze vita. Ad esempio in caso di rinuncia all'eredità il beneficiario indicato ha comunque diritto a riscuotere quanto di sua spettanza (sempre che sia stato indicato nominativamente, perché chiaramente se come beneficiario sono indicati genericamente gli eredi legittimi e legittimari chi rinuncia all'eredità non essendo erede non ha diritto a nulla).
Inoltre le polizze vita fiscalmente (per ora) non confluiscono nell'asse ereditario ai fini dell'imposta di successione.
Tuttavia a livello di protezione del capitale non presentano, come abbiamo potuto vedere, tutti quei vantaggi così spesso reclamati dalle compagnie rispetto ad altri strumenti di investimento, salvo chiaramente, per quanto riguarda l'impignorabilità, quelle polizze vita con finalità effettivamente previdenziali, mentre per quanto riguarda i diritti di successione legittima il particolare caso in cui gli eredi legittimi rinuncino di fatto ad effettuare (o semplicemente non conoscano) l'azione di riduzione. Peraltro è abbastanza raro che chi si vede "soffiata" una quota importante della propria eredità non senta un avvocato per un consulto...