Le
assicurazioni di responsabilità civile e la clausola claims made
A prescindere dal settore in cui opera un'azienda, è quasi sempre necessario stipulare una polizza di responsabilità civile che copra gli eventuali danni provocati a clienti, a terzi, o anche a dipendenti nell'esercizio dell'attività.
Quasi tutte le compagnie offrono diverse polizze da questo punto di vista, la cui scelta deve essere attentamente valutata dall'impresa non solo in base alle caratteristiche economiche, ma anche in base alle varie clausole che delineano chiaramente la copertura e le esclusioni (l'argomento è di fondamentale importanza, ma non può essere affrontato in questo breve articolo, perché occorrerebbe la disamina del singolo contratto, il consiglio è quello di valutare attentamente le esclusioni e magari di sentire il parare di un avvocato).
Il punto su cui vorrei invece sofferarmi riguarda il fatto che le polizze di responsabilità civile aziendale o professionale sono spesso offerte dalle compagnie con la clausola "claims made": lo scopo di questo breve articolo è quindi di capire meglio che cosa significhi nel concreto questa clausola, e quali siano le differenze rispetto ad un'assicurazione ordinaria.
Partiamo dalle assicurazioni ordinarie, ossia quelle che non contengono questa clausola. Ad esempio la RCA (Responsabilità Civile Auto) che tutti noi abbiamo per i nostri veicoli. Si stipula il contratto, e se succede un sinistro nel periodo di validità della polizza la compagnia ne risponde. Non rileva quindi quando tecnicamente viene effettuata la richiesta di risarcimento. Il danno viene quindi preso in carico dalla compagnia che ha assicurato il veicolo al momento del sinistro.
La clausola "claims made", di derivazione dal diritto anglosassone, termine che letteralmente si tradurrebbe "a richiesta fatta", prevede invece che la compagnia risarcisca non i sinistri avvenuti nel periodo di copertura, come succederebbe con una polizza ordinaria, ma i sinistri le cui richieste di risarcimento sono pervenute nel periodo di copertura. È molto diverso. Cerco di spiegarlo meglio con un esempio.
Ipotizziamo di stipulare una polizza di responsabilità civile "claims made" per anno solare, l'anno n la stipuliamo con la compagnia Alfa, l'anno seguente (n+1) la stipuliamo con la compagnia Beta, l'anno ancora successivo (n+2) la stipuliamo con la compagnia Gamma. Poniamo che nell'anno n si verifichi un sinistro, ma la richiesta di risarcimento pervenga l'anno n+1.
Se fosse una polizza ordinaria sarebbe di competenza della compagnia Alfa. Poiché si tratta di una polizza "claims made" è invece di competenza della compagnia Beta.
Qui si pone quindi un altro problema, quello della retroattività. In poche parole, le polizze "claims made" prevedono, di norma, una retroattività, che viene indicata nel contratto. A volte vengono offerte differenti possibilità di copertura della retroattività, a fronte di premi diversi, così ad esempio possiamo avere una retroattività di un anno, di due, di quattro, di cinque o anche addirittura illimitata.
La retroattività diventa quindi un elemento molto importante da valutare, perché con le polizze "claims made" la compagnia generalmente interviene solo se si verificano due condizioni: la prima è che la richiesta di risarcimento avvenga nel periodo di validità della polizza; la seconda è che il sinistro sia avvenuto in un periodo coperto dalla retroattività.
Ritornando all'esempio, se la nostra polizza "claims made" prevedesse la retroattività di un solo anno e la richiesta di risarcimento fosse stata effettuata nell'anno n+2 la compagnia non ne risponderebbe, in quanto il sinistro, avvenuto nell'anno n, cadrebbe al di fuori del periodo di retroattività.
Tutte queste regole non sono contenute in una legge, ma nello specifico contratto di assicurazione, quindi dipendono molto caso per caso, polizza per polizza.
Per questo le polizze "claims made" si distinguono in pure, quando per il risarcimento rileva unicamente la data di richiesta del risarcimento, a prescindere da quando si è verificato il sinistro, e corrispondono quindi a quelle polizze con retroattività illimitata, ed in impure o miste, quando occorre che sia il sinistro che la richiesta di risarcimento devono avvenire durante il periodo di copertura, con la possibilità di una retrodatazione dell'inizio della validità della garanzia che corrisponde pertanto al periodo di retroattività indicato.
In caso di polizza "claims made" occorre quindi prestare molta attenzione a questi parametri. Se in alcuni casi una retroattività di un solo anno potrebbe essere sufficiente (chiaramente una polizza "claims made" senza neppure un anno di retroattività va scartata a priori, basti pensare al sinistro avvenuto negli ultimi giorni di validità della polizza per cui è ovvio che il risarcimento venga richiesto nel periodo successivo), in altri casi il periodo di retroattività assume una rilevanza fondamentale.
Per fare un esempio, un'impresa di pulizie presumibilmente non necessiterà di un ampio periodo di retroattività, se mentre lavora capita di rompere un vetro o danneggiare qualcosa, è tutto molto immediato. Un'impresa di impianti elettrici, invece, potrebbe trovarsi a rispondere molti anni dopo l'installazione di un impianto per un incendio derivante da un corto circuito la cui causa è imputabile ad un lavoro non effettuato correttamente a suo tempo da parte dell'impresa.
Inoltre c'è un'ulteriore casistica da considerare con le polizze "claims made": la necessità di continuare a rimanere assicurati anche dopo la cessazione dell'attività assicurata. Se con una polizza ordinaria quando noi cessiamo l'attività (o semplicemente il settore di attività a cui si riferisce l'assicurazione) non avendo più rischi non abbiamo più necessità di avere un'assicurazione, con una polizza "claims made" abbiamo la necessità di avere una polizza che con la sua retroattività ci copra eventuali sinistri dei periodi precedenti, la cui richiesta di risarcimento avvenga in seguito.
Ritorniamo un momento all'esempio dell'impresa di impianti elettrici. Ha eseguito un lavoro nell'anno n, poi nell'anno n+1 l'attività viene cessata, e nell'anno n+4 perviene una richiesta di risarcimento per un corto circuito dovuto ad un lavoro fatto male nell'anno n. Beh, se nell'anno n+4 non c'è una polizza attiva, con una retroattività almeno quadriennale, sono guai seri, perché manca la copertura assicurativa.
Per fortuna, si fa per dire, le compagnie offrono a volte delle polizze ad un prezzo speciale per questi casi, in cui occorre solamente la copertura del pregresso.
A questo punto qualcuno si chiederà che senso abbia stipulare una polizza "claims made" piuttosto di una polizza ordinaria. La risposta in molti casi è tremendamente semplice: perché non si riesce a trovare una compagnia che offra, con una copertura adeguata dei rischi, una polizza ordinaria.
Purtroppo in molti settori non è affatto semplice trovare compagnie che assicurino la responsabilità civile. Medici, commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati, notai, ingegneri, architetti, geometri, ne sanno qualcosa, tra l'altro poi chi opera in settori particolari come quello fiscale c'è anche il problema della copertura delle sanzioni, che solo pochissime compagnie offrono. Ma anche le aziende in molti casi non sono messe tanto meglio. Certi settori presentano rischi notevoli, case di cura, aziende di impiantistica, costruttori di impianti a fune, produttori di pezzi di ricambio e manutentori di infrastrutture, centri elaborazioni dati, società informatiche, solo per fare un esempio: i brokers spesso devono faticare non poco per trovare compagnie disponibili ad assumersi il rischio, con tanto di questionari, richieste di dati, prospetti da allegare per potere poi ottenere una quotazione.
In questo senso avere la possibilità di trovare una compagnia che offra una polizza, anche se con la clausola "claims made", non è semplice né scontato, trovarne una che offra una polizza ordinaria a volte è quasi impossibile.
In pratica, in alcuni settori, la scelta è così o così.
Occorre infatti considerare che, alla base di tutto, per la compagnia assicurativa è molto più agevole lavorare con polizze di tipo "claims made", perché permette di avere maggiori certezze sui sinistri e potere gestire meglio, anche contabilmente, il risultato (ossia premi incassati - sinistri pagati) di questi rami.
Con una polizza ordinaria, infatti, possono verificarsi sinistri da pagare ad anni di distanza. Con le polizze di tipo "claims made", invece c'è una corrispondenza tra gli incassi dei premi ed i sinistri pagati. Questo permette alla compagnia di valutare costantemente se il singolo ramo è in utile o in perdita, ed eventualmente apportare modifiche ai premi, o talvolta semplicemente rinunciare ad assicurare rami che non siano redditizi.
Il discorso si ribalta ovviamente per il cliente, che paga un premio per essere assicurato, e chiaramente vorrebbe che tutti i sinistri del periodo per cui paga il premio vengano pagati dalla compagnia, ma questo purtroppo non accade con le polizze di tipo "claims made".
Ma come interpreta la giurisprudenza le clausole "claims made"? È sempre legittimo il contenuto di queste clasuole contrattuali?
Qui la materia diventa davvero complessa. Pur lasciando agli avvocati l'onore e l'onere di chiarire nel dettaglio le "maglie" tracciate dalla giurisprudenza, mi pare utile citare la recentissima sentenza n. 8894 del 13 maggio 2020 della Corte di Cassazione. La Suprema Corte pone, tra gli altri, il problema della compatibilità di alcune clausole "claims made" con l'articolo 2965 del Codice Civile, il quale dispone la nullità dei patti che impongono decadenze tali da rendere eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti di una delle parti contrattuali.
Questa valutazione chiaramente deve essere effettuata caso per caso, ossia polizza per polizza, e non è possibile tracciare una regola generale valida in tutti i casi. Il caso affrontato dalla Cassazione riguardava una polizza di tipo "claims made" che imponeva che la richiesta di risarcimento dovesse avvenire entro 12 mesi dalla cessazione del contratto.
Tuttavia la Corte di Cassazione introduce (finalmente) un principio di diritto molto interessante, potenzialmente quindi applicabile anche ad altre polizze "claims made", ritenendo che «le clausole che rendono difficile l'esercizio del diritto (art. 2965 c.c.) sono anche quelle che prescindono dalla diligenza della parte, e che fanno dipendere quell'esercizio da una condotta del terzo, autonoma e non calcolabile».
In poche parole la Suprema Corte distingue, giustamente, il caso in cui sia l'assicurato, negligentemente, ad inoltrare tardivamente alla compagnia la richiesta di risarcimento, dal caso in cui l'assicurato riceva invece la richiesta di risarcimento da parte del terzo in un periodo successivo e tempestivamente la comunichi alla compagnia assicuratrice.
Se questo orientamento si confermerà nei prossimi anni e verrà eventualmente esteso alla generale casistica delle polizze "claims made", allora queste polizze dovranno necessariamente avvicinarsi di molto, nel contenuto, alle polizze ordinarie, salvo naturalmente il caso di negligenza dell'assicurato il quale, per sua colpa, inoltri tardivamente la richiesta di risarcimento.
Tuttavia al momento è ancora presto per potere trarre delle conclusioni certe e valide per tutti i casi.
Il consiglio è pertanto di valutare attentamente nel dettaglio le clausole di queste polizze ed il periodo di retroattività, possibilmente consultandosi con il proprio avvocato.