Affidamenti
bancari e garanzie dei soci: un binomio sempre necessario?
Lavorando prevalentemente con società di capitali (Srl e piccole SpA) che per definizione sono società a responsabilità limitata, ossia in cui i soci non rispondono dei debiti della società con il loro patrimonio personale, si presenta spesso il problema delle firme di garanzie per ottenere gli affidamenti da parte delle banche. Ma è davvero sempre così?
Cerchiamo allora di capire meglio la questione. Il concetto alla base di tutto è una distinzione, che ha origini storiche, tra società di persone, i cui soci rispondono illimitatamente con il loro patrimonio delle obbligazioni sociali (tranne i soci accomandanti delle sas) e società di capitali, concepite come società di medio-grandi dimensioni, che grazie al loro capitale potevano già offrire una garanzia ai creditori sociali.
Se pensiamo che il capitale minimo richiesto per una Srl nel 1942 era un milione di vecchie lire, elevato a venti milioni di lire nel 1977 (ed a duecento milioni di vecchie lire per la SpA) ci rendiamo conto che parliamo di società con una certa capitalizzazione. Per intenderci, nel 1977 con venti milioni di lire si acquistavano tranquillamente due appartamenti in un capoluogo di provincia del Nord Italia. Se lo rapportiamo ad oggi, sarebbe come richiedere un capitale minimo di 250.000 Euro per la Srl e di 2.500.000 di Euro per la SpA!
Negli anni seguenti la svalutazione monetaria ha reso non insufficiente, ma addirittura ridicolo, il capitale minimo richiesto, mentre contemporaneamente, soprattutto nei paesi anglosassoni, andava affermandosi il concetto di società a responsabilità limitata basato più sul progetto, sull'idea alla base dell'impresa, che sul capitale in se'.
Per tutti questi motivi anche nei paesi dell'Europa continentale, tra cui l'Italia, le piccole Srl sono diventate sempre più numerose, anche per realtà di piccole dimensioni che un tempo non avrebbero potuto avere altra forma giuridica che quella di una società di persone. Il legislatore ha poi semplificato le modalità di costituzione, oggi anche in Italia è ormai possibile creare Srl con 1 Euro di capitale, e per la SpA il capitale minimo è stato abbassato a 50.000 Euro.
In questo contesto occorre allora mettersi per una volta dalla parte della banca. Se noi fossimo la banca, concederemmo un fido di un milione di Euro ad una Srl con un capitale sociale di 10.000 Euro, che fattura 2 milioni di Euro e che ha riserve disponibili per poche migliaia di Euro, magari con utili relativamente bassi a causa di compensi agli amministratori un po' troppo "generosi"?
Beh, certo che no, e la banca fa altrettanto. Qui si apre allora il problema della sottocapitalizzazione di molte PMI. L'unica soluzione diventa allora quella di considerare, per lo meno in ambito bancario, la Srl come fosse una società di persone, e quindi fare affidamento sulle capacità finanziarie dei soci, sulla loro responsabilità, ergo si richiede che i soci garantiscano per la società con apposite fideiussioni. E così ecco che la Srl è di fatto diventata una Srvl (società a responsabilità virtualmente limitata, termine che ho inventato io per rendere meglio l'idea).
Sicuramente
mi direte che i soldi non si inventano e che se non c'è un patrimonio non
si possono fare i miracoli. Giustissimo. Tuttavia, come sempre, sottolineo
ancora una volta l'aspetto della consapevolezza, e soprattutto un
invito a porsi alcune domande:
1) È utile costituire una Srl se poi i soci devono rilasciare fideiussioni
alle banche?
2) È possibile parlare di una certa proporzione tra il capitale investito
ed il fatturato e tra il capitale investito ed il totale attivo (o
passivo) patrimoniale?
3) La società può dimostrare di produrre utile, o ci si trova sempre con
utili modesti, quasi vicini al pareggio?
4) È possibile pensare ad una capitalizzazione graduale nel tempo,
lasciando quindi un po' di utili nella società (che alla fine è la
propria)?
La prima domanda è sempre di rito. Se si crea una Srl con un capitale molto ridotto, si deve essere consapevoli che saranno sempre necessarie firme di garanzia nei confronti delle banche per potere ottenere affidamenti. Quindi la situazione si avvicina molto a quella di una società di persone, anche se occorre sottolineare come le fideiussioni siano richieste normalmente sono da banche o società finanziarie, mentre per gli altri debiti, come ad esempio nei confronti dei fornitori, rimane la responsabilità limitata al capitale conferito.
Tuttavia va anche detto che l'esposizione bancaria incide normalmente per importi consistenti, e se le cose dovessero mettersi male le banche sono spesso le prime ad intervenire per il recupero dei propri crediti, per cui il patrimonio personale dei soci rischia comunque di essere irrimediabilmente compromesso.
Infatti, anche se tutto dipende nel concreto dalla situazione patrimoniale dei singoli soci, se dovesse malauguratamente succedere che la nostra azienda dovesse navigare in acque difficili, i soci sarebbero chiamati ad intervenire finanziariamente, e questo metterebbe sostanzialmente in grossa difficoltà tutto il patrimonio dei soci. In poche parole, se si va a gambe all'aria a causa delle banche, il rischio è che venga aggredito comunque tutto il nostro patrimonio personale.
Come sempre non si può generalizzare, ma in questo caso occorre considerare che la Srl presenta alla fine problematiche del tutto simili alla snc, uscite dalla porta e poi rientrate dalla finestra. Anzi, per lo meno nelle società di persone è prevista la preventiva escussione del patrimonio sociale prima di aggredire il patrimonio personale dei soci. Poiché gli adempimenti delle Srl sono di norma più complessi, e quindi maggiormente onerosi, rispetto alle società di persone, se si pensa di creare una piccola Srl con un capitale minimo senza riuscire a capitalizzare l'azienda nel tempo (v. oltre), andrebbe valutata se sia la forma giuridica più idonea.
La seconda domanda è cruciale, ed a dire il vero riguarda tutte le aziende, non solo le società di capitali. Dovrebbe esserci una proporzione tra il capitale investito dai soci ed il fatturato che si sviluppa, così come tra il capitale investito ed il totale passivo patrimoniale. Se è vero che il credito è l'anima del commercio, è anche vero che l'azienda non dovrebbe fare passi troppo lunghi per la propria gamba.
Mi spiego con un esempio, una Srl con un capitale di 10.000 Euro non dovrebbe arrivare a sviluppare 2 milioni di Euro di fatturato ed avere un totale attivo (che coincide con il totale passivo) patrimoniale di 700.000 Euro (in pratica il capitale rappresenterebbe meno dell'1,5% delle fonti di finanziamento!).
Il motivo è abbastanza evidente, 10.000 Euro di capitale su 700.000 Euro di passività, significano che il 98,5% delle fonti di finanziamento sono di terzi (in primis banche e fornitori). Una situazione tirata come una corda di violino per intenderci. Basta un niente che l'azienda possa andare a gambe all'aria. Le varie crisi che si sono verificate nel corso degli anni molte volte hanno messo in ginocchio molte PMI organizzate così, che nel tempo hanno spinto il fatturato al massimo mettendo in secondo piano la necessaria capitalizzazione della società.
La terza domanda può sembrare un po' sciocca, alla fine dei conti, ma invece non lo è. Non lo è per il fatto che mi capita spesso di vedere bilanci di società di capitali che chiudono abitualmente con un utile talmente minimo da sembrare più un pareggio che un utile. Forse mi direte che sto scoprendo l'acqua calda, ma siccome sono più di venticinque anni che faccio questo lavoro, ho un certo occhio nell'analizzare i bilanci e spesso si tratta di aziende "sane", anche redditizie, anche se tuttavia a giudicare dai bilanci non sembrerebbe affatto.
A volte uno dei motivi è rappresentato dai compensi agli amministratori, che sono anche soci, talmente elevati da assorbire gran parte dell'utile. Poiché di questo problema ne ho già parlato in un altro articolo, in questa sede mi limito a sottolineare come il bilancio venga analizzato dalle banche e da chiunque intenda instaurare rapporti con la società. Con utili di questo genere (non per un anno isolato, che può succedere, ma in maniera abituale) se la società non dimostra di potere avere una redditività, chi è disposto a farle credito, senza avere altre garanzie, in primis quelle dei soci?
La quarta domanda è in un certo senso retorica, nel senso che in realtà è la risposta alle domande precedenti. La responsabilità limitata, perché sia sostenibile, anche nei confronti delle banche, deve avere delle basi molto più solide di una semplice sigla "S.r.l." nella denominazione sociale. Creare una Srl si fa in un attimo, costruire una Srl sana e meritevole di credito senza intervento di terzi (come i soci) è invece molto meno immediato. Affinché una società possa essere considerata solvibile, occorre che le domande dei precedenti punti abbiano avuto una risposta affermativa.
Deve quindi esserci un capitale e deve esserci una redditività, inoltre deve esserci anche una proporzione tra il capitale investito e le altre passività ed infine, più in generale con il volume d'affari che si sviluppa: in poche parole più il fatturato cresce, più le basi devono essere solide. Esattamente come un palazzo, le fondamenta di un condominio di venti piani sono evidentemente diverse da quelle di una palazzina di due piani.
Diventa quindi fondamentale, mano a mano che l'azienda cresce, lasciare un po' di utile in azienda, destinandolo a riserva. Sono sempre soldi nostri, un giorno potremo decidere di distribuirli, ma intanto avviamo un processo di capitalizzazione, che porta la nostra società a strutturarsi per crescere sana e robusta.
In questo senso, con un capitale investito che non sia ridicolo, con una redditività positiva, con un equilibrio tra fatturato e capitale e tra totale patrimoniale e capitale, sarà allora possibile discutere con le banche di linee di credito svincolate dalle garanzie dei soci.
Alcune banche, per forma mentis, non sono magari strutturate per un ragionamento di questo tipo. Per esperienza personale ho incontrato difficoltà in questo senso con le piccole banche, come le varie Casse Rurali, Banche di Credito Cooperativo e così via. Questo perché storicamente questo tipo di banca è nato per le piccole realtà sul territorio e si è sviluppato nel diciannovesimo secolo in ambienti poveri e rurali che avevamo come unica possibilità la responsabilità illimitata dei soci, che rappresentavano poi di fatto la collettività di un determinato territorio.
Al di là di questi casi, con aziende anche piccole, ma strutturate correttamente, con le varie banche commerciali ed anche popolari non ho generalmente incontrato difficoltà a svincolare, magari con un percorso graduale, le garanzie dei soci. Anche la banca ha più interesse a lavorare con una società gestita bene, con un minimo di capitale e che produce utile, piuttosto che a richiedere garanzie dei soci per finanziare alla fine una società dal capitale talmente minimo da essere di fatto inesistente ed una redditività che almeno dai bilanci non si vede.
Sottolineo infine l'importanza della capitalizzazione con una domanda quasi provocatoria: che senso ha distribuire tutto l'utile ai soci, lasciando negli anni la società sottocapitalizzata, se poi i soci in caso di problemi (tanto più probabili tanto più la società manca di un capitale adeguato al proprio livello dimensionale) devono risponderne con tutto il loro patrimonio personale?